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Cultura mercoledì 04 maggio 2016 ore 15:02

Il merletto gioiello al Museo Civico

Gli artisti hanno deciso di donare l’opera al Museo biturgense che l’ha esposta in una teca insieme al libro dedicato alle sorelle Marcelli



SANSEPOLCRO — Un magnifico esempio di artigianato artistico che unisce il merletto tipico di Sansepolcro, l’arte orafa, innovazione e territorio. La parure gioca sull’accento della parola ‘Legami’, è composta da 7 sezioni, un diadema, orecchini, pettorale, anello bracciale e cintura che traggono ispirazione da un verso di una poesia del Petrarca ‘Era 'l giorno ch'al sol si scoloraro’ .

“Il tema, sviluppato in occasione di una delle ultime biennali del merletto che si sono realizzate a Sansepolcro, era l’universo e i pianeti – spiega la stilista e designer Elena Giovagnini – da qui l’ispirazione alla poesia del Petrarca, al sole e ai suoi raggi che si riflettono su tutti i gioielli della parure, dal diadema alla cintura che abbraccia tutto il corpo, che lega il gioiello al corpo, l’arte alla passione e che dà il titolo a tutta la collezione. L’idea che abbiamo voluto trasmettere inoltre è quella di evolvere e abbinare il merletto all’arte orafa, realizzando un’opera non semplicemente da esporre ma anche da indossare appunto come un gioiello.”

“E’ stato un lavoro che è durato qualche mese – aggiunge Marisa Carletti grande appassionata e abile merlettaia che ha imparato grazie ai corsi organizzati dalla Pro Loco di Santa Fiora e alle maestre Lelia Riguccini e Sara Giorni – per fare i diversi elementi che compongono gli ornamenti in merletto ho usato circa 15 coppie di fuselli e un sottilissimo filo di lino purissimo seguendo i disegni della stilista Giovagnini e la tradizione e tecnica delle merlettaie di Sansepolcro.”

Dal disegno ai merletti si è poi passati all’assemblaggio delle varie parti affidato alle abili mani del maestro d’arte orafa biturgense Belloni, che ha interpretato e realizzato i vari elementi in argento e bagno d’oro.

Il merletto di Sansepolcro è anche chiamato "trina a spilli" e la continuazione di questa antica arte si deve agli inizi del 900 soprattutto alle sorelle Ginna e Adele, che a loro volta l’avevano imparata da una religiosa di origine fiamminga. Divenute esperte, cominciarono a studiare i vari merletti italiani e stranieri, smontandoli e ricostruendone i vari passaggi giungendo a creare un merletto nuovo, con caratteristiche proprie, con un sostegno mobile su cui poggia il tombolo inventato dal padre delle due sorelle biturgensi.

Agli artisti e realizzatori dell’opera i ringraziamenti per la donazione da parte del sindaco, della giunta e del direttore del museo.


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